Vittorio Stella - Dina Viglianisi

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Vittorio Stella

A malgrado della "quarta età", alla quale - ahi -  appartengo, è la prima volta che provo a dire le mie impressioni a un'artista di cui - non sono tanti - abbia visitato lo studio. E dirlo non a caldo, ma come si parla d'una traccia durevole, pur sapendo che alle "cose viste" occorrono ripetute visioni per capirle meglio e non lasciar sbiadirne la presenza.
Le mie non sono parole di un critico d'arte, ma di uno studioso che fra i suoi temi di ricerca privilegia alcune questioni di teoria e storia della critica. Ad attestarlo ti spedisco due "opere d'inchiostro", le sole che si convengono a quelle che un tempo si chiamavano "nomine di lettere". Sono i saggi su Brandi e su Raggianti, fra i massimi assertori del nesso dell'estetica filosofica con la consapevole interpretazione delle opere, al quale io, controcorrente, mi attengo.
Dunque - e mi scuso del piuttosto lungo preambolo - se ti scrivo è perché le tue incisioni, i quadri, le splendide fotografie che rendono ancor più necessaria un'ispirazione tornandoci sopra ad approfondirla, imprimono un ricordo forte e singolare. La personalità che il loro racconto di linee e di colore significa è di un'alta coscienza formale, una fusione di vivida dolcezza e di passione, sostanza - nel senso di Hegel - di un carattere, di una interezza. Morbido, ma non molle, anzi intenso, è il fluire - i volumi, direi - di quelle linee e di quei colori così che non si bada più, quasi, al loro raffinato e laboriosissimo segno, ma all'unità di immagine, alla "presenza", all'apparizione che costituiscono.
Ti siamo grati di quanto ci hai mostrato o - meglio - fatto interiormente sentire; e spero di sentirlo ancora, accresciuto.

Roma, 10 ottobre 2001
 
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