Riccardo Campanella - Dina Viglianisi

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Riccardo Campanella

Dina Viglianisi rappresenta da un decennio, uno dei punti saldi nel campo difficile dell’incisione, ed alla vocazione naturale per il segno puro ha aggiunto una passione infinita per tutto quello che si può ricavare dallo zinco e dal torchio. Dopo Nunzio Sciavarello che rimane il leader degli incisori del nostro tempo nella terra di Sicilia, Dina Viglianisi si è assestata verso i vertici dei valori siciliani nelle acqueforti, soprattutto grazie al fluire del segno - ormai portato ai più puri e sintetici valori - non condizionato dai limiti della tecnologia. La Viglianisi deve soprattutto il successo conseguito in questi anni di intenso lavoro al ripudio totale della malattia di Narciso. In altre parole, nella sua arte espressiva ravvisiamo la ricerca di motivi umani che si prestano a fare da specchio alle arti figurative. Il ricavo di queste incisioni, il ricavo emotivo vogliamo dire, è semplicemente meraviglioso. E da tutto questo emerge non solo la capacità istintuale dell’artista e la sua dimestichezza con i mezzi tecnici, ma l’insorgere irreversibile di un messaggio da comunicare e da lasciare.

Catania, 1970
                                               


Le acqueforti di recente datazione vengono a testimoniare il grado evolutivo e la libertà d’espressione raggiunta dalla giovane artista, ormai divincolata dalle remore delle difficoltà tecniche che incombono sulla incisione. La Viglianisi ci conferma di avere ormai concretizzato la passione per l’acido ed il torchio, servendosi della sua naturale vocazione per il segno nitido e puro, raggiungendo livelli espressivi, che la pongono all’avanguardia della scuola catanese.

Catania, 1970
                                                       


Le opere abbracciano un lungo arco di tempo vissuto intensamente dalla Viglianisi fra Venezia e Urbino. Noi che ben conosciamo la passione con la quale l’artista si è procurata una crescita tecnica nel campo dell’incisione, frequentando dal 1969 al ‘72 i corsi internazionali di Urbino, visionando questa «personale» abbiamo recepito i nuovi ricavi estetici, con cui la Viglianisi opera ormai un realizzo purissimo con diverse lastre colorate, assestando i suoi segni in una mirabile diversificazione tonale.
Questi risultati, frutto di anni di lavoro e di ricerca, sono impaginati con “aisance”, come se la poetica delle immagini e delle cose provenisse da un talento istintivo e non già subordinato alla conoscenza analitica delle lastre e dei torchi. Questa per altro è la Viglianisi che da molti anni seguiamo e stimiamo e che per questo non ci sorprende più; ma vi è una nuova dinamica nella espressione della pittrice che si va componendo appunto nella pittura su un piano tonale dolcemente complementare.
L’intercalare di piani su piani, procurati da una ideazione poetica, ci immettono in una pittura intellettualistica governata appunto dalle idee più che dalle sensazioni.
E di questa lucida e precisata proposizione mentale troviamo un ricalco, nelle pagine che la Viglianisi ci propone, come libera interpretazione di una poesia di Quasimodo. Se dovessimo per forza di cose ipotizzare una definizione dell’artista non potremmo sfuggire a qualcosa come la «luminiscenza intellettualizzata della tecnica».
Cerca, cerca, Dina Viglianisi è tutta qui, con la sua tetragona volontà operativa, col suo soffrire nello stilare il segno sulla materia, nello sfuggire a tutto ciò che è scontato e convenzionale. Le sue nuove immagini che pure nella loro oggettività portano addosso i segni della tristezza veneziana, ci propongono però una Viglianisi con una nuova dimensione, più finita, più preziosa ma anche più dolente.

Catania, 1974
 
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