Maria Abadessa - Dina Viglianisi

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Maria Abadessa

Le opere di Dina Viglianisi ci appaiono come racconti tenuti chiusi dall’inconscio che si è liberato per restituirsi alla vita, dopo la forte emozione dell’immagine della morte.
E ciò avviene nel momento in cui “il battello sta navigando nella nebbia carica di pioggia, mentre, in silenzio, ci sfiora un funerale in gondola”. E questa forte emozione che ripropone alla Viglianisi i flussi della memoria, i magnetismi emotivi che la liberano enucleandosi in un solo modo: vivere senza “limiti di spazio nel passato senza limiti di spazio nel futuro”.
Ed è così, che forme e cromatismi, segni e immagini nascono in lei dalla rigenerazione del reale che segna attraverso la simbolicità, e con essa, i più trascendentali significati cosmici.
Tutto sembra rivelarci l’emozione del mistero (il funerale in gondola, la nebbia carica di pioggia, il silenzio), il mare, il cielo, gli scogli, le sue donne senza volto.
La magia di queste ultime sta proprio nella inconoscibilita`, per cui ognuna di esse puo` essere “uno, nessuno, centomila”.
L’immensita` degli spazi che si diramano con queste presenze fantastiche “sogno ma forse no” che hanno nostalgia del presente, tempo questo incalcolabile e inesistente, sta tra le emozioni del futuro, un presente impalpabile e un passato che si allontana velocemente.
Tutto e` avvolto da un “tempo senza tempo” e pur tuttavia dai battiti di una continua resurrezione degli elementi.
La luce è la grande protagonista nelle opere di Dina Viglianisi, essa nasce dal colore, dalle sensibilissime vibrazioni pigmentali di misteriosi celesti, ocra, bianchi di metafisica bellezza… e così diventa musica, silenzio, oracolo e favola, canto e sacralità.
Il suo mondo poetico procede tra memoria e fantasia ragionata, la cui carica fa raffiorare stati d’animo di emozioni vissute in una visione arcobalenante che trascende la realtà per farsi tramite di anche nuove, arcane e magiche proposte.
Ed è proprio dalla realtà che nasce il segno, nitido e chiaro, sicuro e a volte aggressivo, un segno che si snoda in spazi e figure senza limiti, nella stessa continuità poetica che l’ha mosso e generata soprattutto nell’opera grafica.

Messina, marzo 1987


Nel groviglio delle contraddizioni in cui si è avviluppata l’arte contemporanea, è interessante osservare come la pittura della Viglianisi fin dal suo primo apparire si presenti con i contrassegni di una ricerca autonoma e personale.
Dina ha uno stile preciso, circostanziato, senza mai cadere nel descrittivo, figurare è costruire un’allusività emblematica in termini di immagini.
Nel suo lavoro ha sempre obbedito con rassicurante continuità al segreto del piacere della pittura, alla misura classica che si avverte nel controllo mediato e nella rigorosa vigilanza della materia cromatica assunta in tutta la sua pienezza emotiva e consegnata al sapiente equilibrio di una perfetta calibratura tonale, in quei colori tenui dove la luce trova la sua forza resa più vivida dalle lievi ombre che trae i celesti e i grigi pregni di trasparenze di tutti gli altri colori in una simbiosi di rara e straordinaria bellezza.
“É come se il vento soffiasse all’interno di una apparente figurazione per trascinarla in spazi a lei sconosciuti” (Lucio Barbera).
E i suoi spazi sono luoghi dell’immaginazione, luoghi di realtà trasfigurata dai sentimenti, paesaggi di sogno che si accendono di bagliori di quella luce che accorre da ogni parte e il colore se ne imbeve come fosse una spugna, trattiene le più morbide frange, riflette i nessi più labili fra lo spazio fisico e il palpitare della memoria. E quando cessa il vento ecco apparire le sue “donne”, interiorizzate, introverse, fra esse e il paesaggio c’è un assorbimento reciproco, e da qui riemerge il mondo fantastico della Viglianisi che appartiene all’ immaginario collettivo, ma interiorizzato dall’artista, reso per gradi nella evanescenza nelle sospensioni, in una visione che attraverso il tempo persegue l’assoluto e l’intemporale.

Messina, febbraio 1998
                                                        
 
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