Bianca Brancati Carlevani - Dina Viglianisi

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Bianca Brancati Carlevani

Bianca Brancati Carlevani - Quali il filo conduttore, le continuità e le reciproche influenze fra le tue esperienze artistiche?
Dina Viglianisi - Sono partita dal figurativo più assoluto; il paesaggio e la figura sono sempre stati gli elementi indispensabili alla mia figurazione, quindi uno studio classico e continuo dal vero che ritengo il migliore maestro.
B.B.C. - Il filo conduttore è dato dalla fusione figura-paesaggio e ai loro scambievoli ruoli, cioè lafigura diventa paesaggio, il paesaggio è figura. Le influenze?
D.V. - Poche in verità; preferisco tuttora una voluta “ignoranza” sulle varie correnti figurative per evitare spiacevoli influenze e “suggerimenti alla mia creatività”.
B.B.C. - Quando decidi di lavorare hai idee ben precise su ciò che intendi portare a compimento oppure l’opera vien fuori man mano che procedi? Riesci a lavorare solo per te stessa o tieni anche conto del modo di affermarti?
D.V. - Il fatto è che odio la mediocrità in tutto quello che faccio; non voglio mai correre il rischio di cadere nel mediocre. Ho letto una volta una frase di Lindsey Kemp, famoso coreografo-mimo, grande e sensibilissimo artista: “il peggiore nemico? La mediocrità. Non cerchero` mai di essere famoso, ma semplicemente grande”. C’è una certa contraddizione, forse, in questo, perchè nessuno ti dice che sei grande se non ti conosce attraverso quello che ti ha reso “grande”. Io vivo un pò nella contradizione, ma una cosa è certa, lavoro e desidero affermarmi.
B.B.C. - Pensi che un’assidua ricerca sia utile ad incrementare la creativita`?
D.V. - Senz’altro, studiare, cercare, affinare continuamente, aggiornare ed arricchire il proprio bagaglio culturale e quindi aumentare in modo proficuo la creatività.
B.B.C. - Può un artista raggiungere traguardi di notevole prestigio solo con le naturali doti di creatività e fantasia o deve anche avere uno specifico bagaglio tecnico-culturale?
D.V. - Il naif riesce nella sua purezza e semplicità a creare spesso opere di grande poesia e creatività, ma manca in esse quel supporto tecnico-culturale tanto necessario ad un artista per esporre compiutamente i contenuti di un suo messaggio ed inserirlo in un contesto storico-culturale.
B.B.C. - Credi nel messaggio sociale dell’arte ed eventualmente, come artista operante in Sicilia, hai contribuito con la tua opera a mettere in evidenza i problemi che travagliano l’isola?
D.V. - L’artista è un cronista del suo tempo, sia che si esprima parlando, scrivendo, danzando, componendo, dipingendo ...Le sue opere sono un documento espressivo del momento in cui vive, spesso un documento di denunzia. Attraverso la tematica delle mie opere, ho spesso denunciato molti dei problemi comuni che travagliano la nostra società; il sopruso, la violenza, il lassismo, l’omertà.
Altre volte ho preferito evadere in una “realtà” fuori dalla realtà ricostruendola a mio piacimento.
B.B.C. - Ritieni che la sperimentazione, quando viene condotta alle estreme conseguenze, possa inficiare la parte poetica insita in ogni lavoro di un certo livello?
D.V. - Sono contraria alla sperimentazione esasperata, specie nel campo della grafica; mi pare proprio che tolga gran parte della spontaneità e della creatività alla nascita di un’opera, come d’altra parte avviene anche nella fotografia. Quello che un artista fissa sul negativo deve essere solo un momento emozionale sintonizzato sulla stessa atmosfera naturale del soggetto, visto e ricostruito da un’angolazione personale in una realtà tutta propria.
B.B.C. - Come credi venga vissuta oggi in Sicilia la sperimentazione nel campo delle arti figurative?
D.V. - Con molto ritardo, una certa ignoranza e poca umiltà.

        Catania, novembre 198
 
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